In Sudan è catastrofe umanitaria
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Crisi in Sudan: a un anno dallo scoppio della guerra, per via dei blocchi politici creati dalle parti in conflitto e dall'inadeguata azione delle Nazioni Unite, gli aiuti umanitari sono insufficienti.
Il Sudan sta affrontando una colossale catastrofe causata dal genere umano, iniziata un anno fa con l'inizio della guerra tra l'esercito regolare - le Forze armate sudanesi - e le Forze di Supporto Rapido. La situazione è una questione di vita o di morte per milioni di persone che hanno bisogni umanitari urgenti.
Milioni di persone sono a rischio, eppure il mondo sta chiudendo gli occhi mentre le parti in guerra bloccano intenzionalmente l’accesso umanitario e la consegna degli aiuti.
Le Nazioni Unite e i suoi stati membri devono raddoppiare gli sforzi per negoziare un accesso sicuro, senza ostacoli, e per aumentare la risposta umanitaria al fine di evitare che questa situazione, già disperata, si deteriori ulteriormente.
"La popolazione sudanese sta soffrendo immensamente a causa del persistere di pesanti combattimenti e bombardamenti, anche in aree urbane e nei villaggi, mentre il sistema sanitario e i servizi di base sono in gran parte crollati o danneggiati dalle parti in conflitto. Solo il 20-30% delle strutture sanitarie è ancora funzionante in Sudan, il che significa che la disponibilità di assistenza sanitaria per le persone in tutto il paese è estremamente limitata".
Nelle aree vicine alle ostilità, la nostra équipe ha curato donne, uomini e bambini direttamente feriti dai combattimenti. Si tratta di ferite da:
- schegge,
- esplosioni,
- arma da fuoco,
- proiettili vaganti.
Dall’aprile 2023, le strutture che abbiamo supportato hanno ricevuto più di 22 800 persone con lesioni traumatiche ed eseguito più di 4 600 interventi chirurgici, molti dei quali legati alle violenze avvenute a Khartum e nel Darfur.
A Wad Madani, una città circondata da tre linee del fronte, curiamo attualmente 200 pazienti al mese con ferite legate alla violenza.
Secondo le Nazioni Unite, più di 8 milioni di persone sono state già costrette a fuggire dalle loro case e sono state sfollate più volte, mentre si stima che 25 milioni di persone – metà della popolazione del Paese – abbiano bisogno di assistenza umanitaria.
Scarsità di forniture mediche
Sebbene MSF collabori proficuamente con il Ministero della salute, il governo del Sudan ha persistentemente e deliberatamente ostacolato l’accesso agli aiuti umanitari, soprattutto nelle aree al di fuori del proprio controllo.
Le autorità hanno anche sistematicamente negato gli spostamenti del personale umanitario e impedito alle forniture di attraversare le linee del fronte, limitando così l’uso dei valichi di frontiera e stabilendo un processo altamente restrittivo per ottenere i visti umanitari.
"Oggi la nostra sfida più grande è la scarsità di forniture mediche. Abbiamo esaurito le attrezzature chirurgiche e siamo sul punto di interrompere il lavoro a meno che non arrivino i rifornimenti", spiega Ibrahim, un medico di MSF che lavora a Khartum.
Nelle aree controllate dalle RSF, dove operano anche diverse milizie e gruppi armati, le strutture sanitarie e i magazzini sono stati spesso saccheggiati nei primi mesi del conflitto. Episodi come furti di auto continuano regolarmente e gli operatori sanitari, in particolare quelli del Ministero della salute, sono stati attaccati e arrestati.
In aree difficili da raggiungere come il Darfur, Khartum o Gezira, ci troviamo spesso a essere l’unica o una delle poche organizzazioni umanitarie internazionali presenti, mentre i bisogni superano di gran lunga la capacità di risposta.
Anche in aree più accessibili come il Nilo Bianco, il Nilo Azzurro, Cassala e Gedaref, la risposta complessiva è insufficiente.
Un esempio è la catastrofica crisi di malnutrizione nel campo di Zamzam – nel Darfur settentrionale – dove il Programma Alimentare Mondiale non distribuisce cibo dal maggio 2023.
Malnutrizione acuta e alti tassi di mortalità
Quasi un quarto, precisamente il 23%, dei bambini esaminati in una valutazione rapida a gennaio scorso sono risultati affetti da malnutrizione acuta, di cui il 7% erano casi gravi.
Il 40% delle donne in gravidanza e in allattamento soffriva di malnutrizione e il tasso di mortalità nel campo era devastante: 2,5 morti ogni 10 000 persone al giorno.
"La situazione in Sudan era già molto fragile prima della guerra e ora è diventata catastrofica. In molte delle aree in cui MSF ha avviato le attività di emergenza, non abbiamo visto il ritorno delle organizzazioni umanitarie internazionali che erano state inizialmente evacuate ad aprile 2023", spiega Ozan Agbas, responsabile delle operazioni di emergenza di MSF in Sudan.
Khadija Mohammad Abakkar, che ha dovuto abbandonare la sua casa a Zalingei, nel Darfur centrale, ci ha raccontato quanto sia stato difficile sopravvivere senza assistenza umanitaria e di come durante i combattimenti, nel campo non c’era accesso all’assistenza sanitaria, per procurarsi il cibo abbia dovuto vendere le sue cose per guadagnare un po’ di soldi.
Nonostante le difficili condizioni di lavoro, la risposta sarebbe dovuta aumentare e non diminuire, soprattutto nelle aree in cui l’accesso era possibile.
Le Nazioni Unite e i suoi Stati membri devono raddoppiare gli sforzi per negoziare un accesso sicuro e senza ostacoli, e per aumentare la risposta umanitaria al fine di evitare che questa situazione, già disperata, peggiori ulteriormente.
Il lavoro di MSF in Sudan
Attualmente lavoriamo in più di 30 strutture sanitarie, in 10 Stati del Sudan:
- Khartum,
- Gezira,
- Nilo Bianco e Azzurro,
- Gedaref,
- Darfur Occidentale,
- Darfur Settentrionale, Meridionale e Centrale
- Mar Rosso.
Recentemente siamo intervenuti anche a Cassala, operando sia nelle aree controllate dal governo e che in quelle sotto il controllo delle RSF.
Dall’aprile 2023, più di mezzo milione di persone ha richiesto visite mediche presso i nostri ospedali, strutture sanitarie e cliniche mobili.
Nelle aree di conflitto sono state commesse atrocità : i civili sono stati presi di mira etnicamente e uccisi. Ad esempio, nel giugno 2023, più di 1 500 sudanesi feriti nella guerra sono stati accolti in una settimana presso l'ospedale sostenuto ad Adré, in Ciad.
Un’indagine retrospettiva sulla mortalità condotta tra i rifugiati ha confermato le segnalazioni di uccisioni di massa nel Darfur Occidentale.
Inoltre, la nostra équipe ha visto più di 100 000 casi di malaria, curato più di 2 000 persone per il colera e visto molte migliaia di casi di morbillo, evidenziando come le donne incinte siano maggiormente colpite dalla mancanza di accesso all’assistenza sanitaria.
MSF sta rispondendo anche in Ciad e in Sud Sudan, dove oltre un milione di persone si sono rifugiate dall’inizio della guerra in Sudan. Anche lì i bisogni sono immensi e non sufficientemente affrontati. In Ciad, ad esempio, è attualmente in corso un’epidemia di epatite E.
Chiediamo, ancora una volta, alle parti in conflitto di rispettare il Diritto Internazionale Umanitario e la Dichiarazione di Gedda, mettendo in atto meccanismi per proteggere i civili e garantire un accesso umanitario sicuro a tutte le aree del Sudan, senza eccezioni, anche fermando i blocchi.
Chiediamo, inoltre, alle Nazioni Unite di mostrare maggiore coraggio di fronte a questa enorme crisi. Contribuendo attivamente a consentire un rapido e massiccio aumento dell’assistenza umanitaria.