In sudan servirà molto più di un cessate il fuoco
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Vicino a Ginevra, a pochi chilometri da dove sto scrivendo, si stanno tenendo i negoziati per il cessate il fuoco co-organizzati da Arabia Saudita e Svizzera, che mirano a portare i protagonisti del conflitto in Sudan al tavolo dei negoziati.
Si tratta di un primo passo cruciale nel lungo e difficile processo di costruzione delle basi per la pace in questo Paese dilaniato dalla guerra. Ma è, appunto, solo un passo.
Sebbene il dialogo politico sia essenziale, servirà molto più di un cessate il fuoco per restituire dignità, benessere e assistenza sanitaria a milioni di persone. Il cammino per la pace richiede un impegno collettivo e a lungo termine da parte di entrambi gli schieramenti. Bisogna rispettare le strutture sanitarie e consentire all'assistenza umanitaria di raggiungere chi ne ha bisogno.
La crisi in Sudan è articolata: io milioni di persone, circa un quinto della popolazione, sono state evacuate, dando vita alla più grande crisi di sfollamento al mondo. La malnutrizione ha raggiunto livelli catastrofici in diverse regioni. Tra gennaio e giugno 2024 Medici senza frontiere (MSF) ha curato oltre 20.000 bambini. Ora anche Khartum, in prima linea da aprile 2023, è a rischio. Il sistema sanitario è collassato: il 70-80% delle strutture non funziona più e un'infinità di persone non ha accesso alle cure.
Dopo 16 mesi di guerra, entrambe le parti continuano a ostacolare l'accesso umanitario, impedendo sistematicamente agli aiuti di raggiungere le aree controllate dagli avversari. Spesso l'accesso è limitato o totalmente interdetto e non vi sono garanzie di sicurezza per gli operatori. Siamo una delle poche organizzazioni umanitarie internazionali che ancora operano nelle aree controllate da entrambe le parti in conflitto, ma la nostra capacità è al limite e i bisogni sono immensi.
Due milioni di persone sono fuggite nei Paesi vicini, come il Ciad. A dicembre, quando ho visitato il campo di transito di Adré, la maggior parte dei rifugiati sudanesi che ho incontrato era fuggita per gli alti livelli di violenza e la scarsità di cibo. La guerra impedisce agli agricoltori di coltivare, lasciando i mercati vuoti o i prezzi troppo alti per la popolazione.
Per evitare ulteriori peggioramenti è necessario un accesso sicuro e senza restrizioni che consenta di mettere in atto un'operazione umanitaria su larga scala, indipendentemente dal cessate il fuoco. La pratica di limitare o dare priorità agli aiuti in base al controllo territoriale deve finire e devono essere garantiti accesso, sicurezza e protezione a civili e operatori umanitari.
L'assistenza transfrontaliera è vitale, soprattutto perché la stagione delle piogge rende impraticabili le consuete vie di approvvigionamento. La produzione alimentare locale e i tradizionali mercati d'importazione sono stati gravemente danneggiati e serviranno parecchio tempo e denaro per ripristinarli - tempo che la popolazione sudanese non ha più.
Le speranze di pace sono nel caos e servirà un impegno coordinato e a lungo termine della comunità internazionale per ristabilirle e finanziarle adeguatamente. Anche quando i colloqui di pace si concluderanno, la crisi umanitaria in Sudan continuerà. Il Paese ha bisogno di partner a lungo termine in grado di aiutare la popolazione a ricostruire le proprie vite.
I colloqui di pace di Ginevra sono essenziali per il progresso politico, ma la diplomazia non basta per affrontare l'urgente crisi umanitaria e le crescenti necessità di una popolazione dilaniata dalla guerra civile da oltre un anno. Il processo di pace deve essere accompagnato da azioni concrete, che garantiscano la protezione dei civili e l'accesso a cibo, assistenza sanitaria e servizi di base per tutti.
È ora di rimboccarsi le maniche: solo così potremo sperare di vedere un Sudan in pace, dove la popolazione possa vivere con dignità, sicurezza e speranza nel futuro.
Nota : Questo articolo d'opinione è stato pubblicato per la prima volta in italiano sul Corriere del Ticino il 23 agosto 2024.